Overview
L'’Italia è ricca di monasteri che risalgono ai primi secoli dello scorso millennio. I monaci sceglievano luoghi splendidi e isolati per raccogliersi e meditare in silenzio. Scenari suggestivi che con il tempo sono andati incontro a vari destini, preservati nella loro bellezza o distrutti dai barbari, più volte ricostruiti, sconsacrati e trasformati in abitazioni o case coloniche.
A Brescia, in quello che era l’antico monastero benedettino della Badia Bassa, sconsacrato nel 1800, si trova una di queste importanti testimonianze. Una cittadella medievale il cui nucleo originario, come testimonia il grande mosaico romano emerso durante recenti scavi, fu edificato dai monaci su di un insediamento preesistente ancora più antico. La storia si manifesta all’interno della corte, dove i segni del passato religioso e contadino sono testimoni dell’annesso orto botanico in cui le piante officinali si alternano a geometrici filari di gelsi, le cui foglie erano una volta utilizzate come alimento per i bachi da seta. Dopo quasi mille anni l’atmosfera che ancora si respira pare eterea, senza tempo, quasi pervasa dall’eco di un’antica preghiera che distende e induce al rilassamento naturale.
Da poco, il complesso è andato incontro a una importante trasformazione, voluta dall’Ingegner Vitaliano Gaidoni, committente e realizzatore, attraverso la sua impresa edile, dell’opera di restauro, supervisionata dalle Belle Arti. Curatore del progetto è stato invece l’Arch. Ferruccio Franzoia che tramite un sapiente lavoro di recupero architettonico ha cercato di riprodurre la semplicità e l’essenzialità di uno spazio la cui rinnovata sacralità si lega alla nuova destinazione d’uso. Ogni pietra è stata smontata, lavata e ricollocata con attenzione certosina perché non perdesse significato e ben si integrasse con le più moderne strutture. Gli spazi scarni e minimali del monastero hanno ritrovato splendore sposandosi con tocchi di design, senza perdere in semplicità.
Il centro, che si chiama Vitaespa, è stato costruito nelle stalle del monastero, senza lasciare nulla al caso. Materiali e soluzioni sono infatti legati al wellness scevro di ogni superficialità e banalità. Al piano terra s’inseriscono il percorso acquatico, l’hammam, il bagno romano a pianta quadrangolare con colonnato del Cinquecento, impreziositi da pezzi antichi come le originali vasche dell’anno 1000, gli abbeveratoi in marmo divenuti fontane, i lavandini di diverse epoche. Degno di nota in questo progetto è il sapiente utilizzo dei marmi, scelti con cura dall’Architetto Ferruccio Franzoia e forniti dalla MARGRAF Spa di Chiampo, azienda leader nell’estrazione e nella lavorazione del marmo; per le pavimentazioni dal chiaro colore beige è stato scelto il Veselye Unito, un marmo uniforme caratterizzato dalla presenza di piccoli resti fossiliferi, tagliato a formati rettangolari di grandi dimensioni, la cui superficie presenta una finitura satinata, leggermente ruvida al tatto. Nell’hammam dedicato ai riti del bagno turco si respira quasi un’atmosfera paradisiaca enfatizzata sicuramente dalla neutralità delle pavimentazioni che contribuiscono ad ampliarne gli spazi e alleggerirne i volumi; nello stesso spazio, a conclusione del percorso benessere l’Architetto Franzoia ha voluto sbalordire l’ospite inserendo su una delle pareti una fontana ricavata da due lastre in Alabastro a macchia aperta... rarità firmate dalla natura.
In marmo Fior di Pesco Carnico è anche il mosaico scelto per le pareti delle docce del bagno turco: irripetibili tessere provenienti da un marmo esclusivo estratto da un'unica cava al mondo che la MARGRAF Spa detiene da ottant’anni.
Il marmo è presente anche nel cortile selciato esterno: una doppia fila di lastroni in Rosso Asiago graffiatura, separata da delle doghe in Bianco Perlino levigatura, funge da passaggio affiancando una vasca d’acqua rettangolare con fontana. In questi 300 mq di progetto l’acqua e la pietra, due elementi tanto amati dall’Arch. Franzoia, diventano due costanti fondamentali, tanto da poter aggiungere alla filosofia del salus per aquam quella della salus per petram, ovvero salus per aquam et petram (spaep).
A Brescia, in quello che era l’antico monastero benedettino della Badia Bassa, sconsacrato nel 1800, si trova una di queste importanti testimonianze. Una cittadella medievale il cui nucleo originario, come testimonia il grande mosaico romano emerso durante recenti scavi, fu edificato dai monaci su di un insediamento preesistente ancora più antico. La storia si manifesta all’interno della corte, dove i segni del passato religioso e contadino sono testimoni dell’annesso orto botanico in cui le piante officinali si alternano a geometrici filari di gelsi, le cui foglie erano una volta utilizzate come alimento per i bachi da seta. Dopo quasi mille anni l’atmosfera che ancora si respira pare eterea, senza tempo, quasi pervasa dall’eco di un’antica preghiera che distende e induce al rilassamento naturale.
Da poco, il complesso è andato incontro a una importante trasformazione, voluta dall’Ingegner Vitaliano Gaidoni, committente e realizzatore, attraverso la sua impresa edile, dell’opera di restauro, supervisionata dalle Belle Arti. Curatore del progetto è stato invece l’Arch. Ferruccio Franzoia che tramite un sapiente lavoro di recupero architettonico ha cercato di riprodurre la semplicità e l’essenzialità di uno spazio la cui rinnovata sacralità si lega alla nuova destinazione d’uso. Ogni pietra è stata smontata, lavata e ricollocata con attenzione certosina perché non perdesse significato e ben si integrasse con le più moderne strutture. Gli spazi scarni e minimali del monastero hanno ritrovato splendore sposandosi con tocchi di design, senza perdere in semplicità.
Il centro, che si chiama Vitaespa, è stato costruito nelle stalle del monastero, senza lasciare nulla al caso. Materiali e soluzioni sono infatti legati al wellness scevro di ogni superficialità e banalità. Al piano terra s’inseriscono il percorso acquatico, l’hammam, il bagno romano a pianta quadrangolare con colonnato del Cinquecento, impreziositi da pezzi antichi come le originali vasche dell’anno 1000, gli abbeveratoi in marmo divenuti fontane, i lavandini di diverse epoche. Degno di nota in questo progetto è il sapiente utilizzo dei marmi, scelti con cura dall’Architetto Ferruccio Franzoia e forniti dalla MARGRAF Spa di Chiampo, azienda leader nell’estrazione e nella lavorazione del marmo; per le pavimentazioni dal chiaro colore beige è stato scelto il Veselye Unito, un marmo uniforme caratterizzato dalla presenza di piccoli resti fossiliferi, tagliato a formati rettangolari di grandi dimensioni, la cui superficie presenta una finitura satinata, leggermente ruvida al tatto. Nell’hammam dedicato ai riti del bagno turco si respira quasi un’atmosfera paradisiaca enfatizzata sicuramente dalla neutralità delle pavimentazioni che contribuiscono ad ampliarne gli spazi e alleggerirne i volumi; nello stesso spazio, a conclusione del percorso benessere l’Architetto Franzoia ha voluto sbalordire l’ospite inserendo su una delle pareti una fontana ricavata da due lastre in Alabastro a macchia aperta... rarità firmate dalla natura.
In marmo Fior di Pesco Carnico è anche il mosaico scelto per le pareti delle docce del bagno turco: irripetibili tessere provenienti da un marmo esclusivo estratto da un'unica cava al mondo che la MARGRAF Spa detiene da ottant’anni.
Il marmo è presente anche nel cortile selciato esterno: una doppia fila di lastroni in Rosso Asiago graffiatura, separata da delle doghe in Bianco Perlino levigatura, funge da passaggio affiancando una vasca d’acqua rettangolare con fontana. In questi 300 mq di progetto l’acqua e la pietra, due elementi tanto amati dall’Arch. Franzoia, diventano due costanti fondamentali, tanto da poter aggiungere alla filosofia del salus per aquam quella della salus per petram, ovvero salus per aquam et petram (spaep).
Dettagli Progetto
- .Progettista: Arch. Ferruccio Franzoia e Ing. Vitaliano Gaidoni
- .Luogo: Brescia
- .Marmi utilizzati: Alabastro, Fior di Pesco Carnico, Veselye Unito